Migliori esercizi da svolgere su una panca per addominali

La maggior parte delle persone utilizza una panca per addominali limitandosi, appunto, ad esercizi che sfruttano e sviluppano i muscoli addominali del busto. Essi sono senza dubbio un ottimo modo per rafforzare e appiattire la zona addominale del nostro corpo, ma è importante sapere che esistono numerosi altri esercizi che è possibile svolgere utilizzando una panca per addominali.

Grazie ad essi si potranno sviluppare addominali alti e bassi, ma anche i muscoli della schiena. Come spesso è consigliato dagli esperti, svolgere un’ampia varietà di esercizi, invece di concentrarsi su un solo tipo, aiuta a raggiungere risultati migliori.

Crunches addominali

I cosiddetti “crunches” costituiscono uno degli esercizi base dello sviluppo dei muscoli addominali. Essi consistono nel sollevamento del busto tramite il solo uso dei muscoli addominali, partendo da una posizione sdraiata.

Grazie a panche diverse, è possibile variare l’esercizio e renderlo più efficace.
 Utilizzando una panca declinata, per esempio, si possono posizionare e bloccare i piedi sotto i manubri superiori, sfruttando il resto della panca per sostenere il corpo.

Tale esercizio può rivelarsi molto più intenso di altri, ma rappresenta uno dei modi più efficienti per incrementare la forza e la definizione dei muscoli. È importante cercare di non sfruttare il momento del proprio corpo, per completare il movimento. Per sollecitare i muscoli al massimo occorre, infatti, provare ad utilizzare solo gli stessi, senza ricorrere a scorciatoie di alcun tipo.

Per intensificare lo sforzo, infine, è possibile aggiungere un peso, da posizionare e mantenere sul petto durante l’allenamento.

Esercizi alternativi

Come già accennato, esistono molti altri esercizi da svolgere su una panca per addominali che aiutano a sollecitare diversamente gli stessi muscoli o a sfruttare e sviluppare muscoli differenti. Uno di questi consiste nel sollevamento del bacino, invece che del busto.

Durante l’esercizio, occorre sollevare il bacino il più possibile, con le gambe in posizione verticale, e mantenere la postura per qualche secondo. Più in alto verrà spinto il corpo, più alta risulterà la tensione sui muscoli, ma è consigliato non esagerare.

Una variante dello stesso esercizio consiste nel sollevamento delle gambe, oltre che del bacino. Riportare le gambe in posizione iniziale con un movimento lento e graduale, garantisce uno sforzo maggiore, ma controllato, dell’area muscolare. Altri esercizi, invece, prevedono l’uso di attrezzi aggiuntivi, come la palla medica.

Sostenere la palla medica davanti a sé durante gli addominali ed effettuando movimenti laterali sulla panca assicura lo sviluppo dei muscoli obliqui. Pur essendo questo allenamento molto efficace, occorre prestare attenzione.

Usare una palla o un peso troppo pesanti, infatti, può arrecare danni alla parte inferiore della schiena, invece che aiutarci a rafforzare la muscolatura. Per evitare danni e stiramenti, si consiglia sempre di effettuare una sessione di riscaldamento, prima di apprestarsi a svolgere l’allenamento, a prescindere dalla sua intensità.

Ottenere un prato dall’aspetto sano con arieggiatore

Il giardino è parte integrante di tutte le abitazioni che ne possiedono uno ed esso ne incrementa il valore e il prestigio. Ma prendersi cura del proprio prato non è cosa facile e dotarsi di strumenti adatti a svolgere questo delicato compito è fondamentale.

Un arieggiatore per prato può essere una preziosa aggiunta alla propria gamma di attrezzi da giardino, specialmente quando se ne conoscono le effettive capacità e si impara ad usarne uno nel modo corretto.

Come funziona un arieggiatore?

Un arieggiatore, spesso chiamato anche scarificatore, è un attrezzo da giardino disegnato e utilizzato per solcare e attraversare il terreno, aiutando a rimuovere muschio, terriccio essiccato e altri scarti, come residui di erba e piante.

L’azione tagliente dello strumento, alimentata elettricamente o tramite spinta manuale, aiuta a mantenere il terreno aerato, rendendolo più sano, privo di erbacce in eccesso, e, in generale, a prolungarne la durata. Le conseguenze del mancato utilizzo di un arieggiatore possono essere devastanti.

Permettendo a erbacce e muschio di proliferare e di risiedere sulla superficie del prato, è possibile che l’acqua piovana non riesca a penetrare in profondità, dove il terreno ne ha più bisogno. Essa si accumulerà, invece, nella parte superiore, rendendo il prato umido e troppo soffice.

Consigli per l’utilizzo

Sapere cos’è un arieggiatore e come funziona è importante, ma imparare ad utilizzarne uno con efficienza è il modo migliore per ottenere ottimi risultati. Occorre pianificare in anticipo: alcune settimane prima dell’effettivo utilizzo del proprio arieggiatore, è opportuno analizzare il prato e identificare eventuali detriti e scarti.

Prima di tutto è consigliato liberarsi di essi, eliminando, per esempio, il muschio in eccesso con dei prodotti specifici, in modo da prevenire la sua eventuale diffusione in altre parti del giardino.

Una volta sicuri che il muschio non è più vivo, è il momento di tagliare il prato, preferibilmente durante una giornata asciutta. Così facendo, ci si assicura di poter raccogliere tutti gli scarti immediatamente e in una volta sola, prima che possano arrecare alcun danno.

Infine, è possibile utilizzare l’arieggiatore. È opportuno iniziare con un’impostazione di potenza alta e passare sulla superficie del prato un paio di volte. Ad ogni passaggio, si consiglia di ridurre la potenza, specialmente quando si raggiungono gli angoli del giardino.
In modo del tutto opzionale, è possibile decidere di piantare della nuova erba, al termine del processo, in caso il prato appaia rado e non esattamente sano.

Quando arieggiare il prato

Il momento ideale per utilizzare un arieggiatore per prato dipende sicuramente dalla propria collocazione geografica e dalle condizioni meteorologiche.
In generale, però, è interessante sapere che il periodo migliore coincide, spesso, con il momento di massima crescita del manto erboso, il quale avviene durante l’autunno o in primavera inoltrata.

Per quanto riguarda la frequenza, invece, si consiglia di arieggiare il prato una volta all’anno, a meno che esso non appaia in condizioni davvero cattive.
Arieggiare il terreno troppo spesso può incidere sulla salute del manto e delle radici e, perciò, occorre sempre agire con cautela.

Se cerchi un nuovo hobby, la motosega fa per te

Tutti sanno cos’è una motosega, anche chi non ne ha mai vista una dal vivo, ma pochi sanno come è fatto e come funziona questo strumento essenziale per la realizzazione della maggior parte dei lavori di decespugliamento, sramatura e depezzatura.

La motosega non è solo oggetto di culto nei libri e nei film horror, ma è uno strumento oggi utilizzato in tutto il mondo da un esercito di professionisti e non. La prima motosega pesava 58 kg e fu progettata da Emil Lerp nel 1929 per l’utilizzo di due operatori in contemporanea.

Da allora questo ingegnoso attrezzo si è evoluto, fino a divenire un attrezzo di giardinaggio indispensabile da avere in garage accanto a rasaerba e decepuspugliatore.

La motosega: com’è fatta e come funziona

Il corpo centrale di una motosega è costituito da una barra guida che trasmette il movimento dal motore alla catena. La catena è costituita da tante piccole lame, chiamate ‘denti’ che servono a eseguire un taglio alla perfezione.

I motori delle motoseghe possono essere di due tipologie: elettrici o alimentati con una miscela di carburanti e olio. Oggi esistono moltissime tipologie di motosega: a batteria, a scoppio, da potatura, elettrica e per l’acquisto dell’attrezzo si parte da un costo di 78 euro per arrivare a modelli da 200 o 300 euro massimo.

A differenza di altri strumenti per il giardinaggio, la motosega è uno strumento molto delicato e difficile da utilizzare. Per alcune tipologie di attrezzo è richiesto il patentino ufficiale per l’uso della motosega che viene concesso in seguito a una formazione professionale da parti di esperti del settore.

Imparare a usare una motosega

Apprendisti giardinieri, cantonieri, pompieri oppure chi cerca un nuovo hobby può seguire un corso per imparare ad utilizzare questo attrezzo in sicurezza, tutelandosi da incidenti e infortuni. I corsi per l’utilizzo di una motosega prevedono degli approfondimenti su questi argomenti: i dispositivi di protezione individuale da utilizzare.

Le parti costitutive e dispositivi di protezione della motosega; l’avviamento e il rifornimento della motosega; le norme di sicurezza sull’ uso della motosega in attività di depezzatura e sramatura; la depezzatura della legna da ardere (a terra e su cavalletto); il taglio arbusti e piccoli alberi fino a 10 cm di diametro; basi della manutenzione e affilatura della motosega.

Tutte le motoseghe sono dotate di diversi sistemi di sicurezza come il freno catena, che serve a bloccare la catena in caso di blocco incidentale durante il taglio di un materiale poco adeguato, l’impugnatura antivibrante, la sicura per l’acceleratore e il blocco di sicurezza in caso di rottura della catena. La catena è di fatti la parte più delicata e uno dei pezzi di ricambio più acquistati della motosega.

Le motoseghe più rischiose sono quelle portatili normalmente usate per la potatura, che possono essere utilizzate da operatori non professionisti. Il rischio maggiore deriva dal fatto che le motoseghe portatili possono essere impugnate con una sola mano, invece che con due, come previsto nelle linee guida dell’ISPESL per l’utilizzo di motoseghe professionali.

La sicurezza della persona è comunque fondamentale quando si utilizza la motosega, per questo si consiglia l’uso di casco con visiera, cuffia insonorizzante, guanti di protezione, stivali e pantaloni antitaglio.

Cose da fare e non fare quando si lava la propria automobile

Per molti proprietari di automobili, lavare la propria macchina non è solo un modo per prendersi cura dell’aspetto esteriore del veicolo, ma anche un azione quasi terapeutica per il proprio stato mentale.

Lavare di frequente l’automobile è il modo migliore per preservarne le finiture. 
Nonostante possa sembrare un compito molto semplice da svolgere, vi sono alcuni aspetti verso cui porre particolare attenzione, in modo da non arrecare danni di alcun tipo al veicolo.

Quanto spesso lavare la macchina

Innanzitutto è molto utile sapere che molte sostanze e residui, come quelle di insetti, uccelli, resina e sostanze chimiche dell’atmosfera sono composte di acidi che, nel tempo, possono eliminare la cera e, alla fine, danneggiare la verniciatura dell’automobile.

Per questo motivo, è opportuno effettuare un lavaggio il più presto possibile, in caso siano presenti macchie causate da questo tipo di sostanze, per evitare di dover ricorrere, in futuro, ad una costosa manutenzione.

In generale, è consigliato lavare la propria automobile almeno una volta alla settimana, purché non risulti necessario agire con urgenza per l’eliminazione di sostanze corrosive o aggressive.

Usare i prodotti giusti

Per quanto riguarda l’utilizzo di prodotti detergenti, è possibile adottarne alcuni, pur prestando attenzione. 
Infatti, non è consigliato l’uso di sapone per le mani, detersivo per piatti o per il vetro, dal momento che essi non sono formulati per agire sulla vernice di un’auto e potrebbero danneggiarla.

Usare un prodotto specifico e studiato per questo scopo permetterà di ottenere risultati senza dubbio migliori, senza preoccuparsi di danneggiare le parti. Per alcune zone particolari, come i cerchioni e la parte inferiore del telaio, è consentita l’adozione di prodotti più aggressivi, poiché è qui che si accumuleranno residui di grasso, gomma, asfalto e tutte quelle sostanze che risultano più difficili da rimuovere.

Per il lavaggio, è possibile usare una spugna o un panno morbidi, ma è molto importante stare attenti a non usare lo stessa spugna per lavare parti differenti dell’automobile. Passandola sul corpo dell’auto, dopo che è stata impiegata per pulire i cerchioni, ad esempio, può generare graffi, a causa di particelle di polvere e detriti che vi si sono depositate.

Allo stesso modo, una spugna che cade per terra dovrà essere risciacquata accuratamente o, addirittura, sostituita. La spugna, inoltre, non dovrà essere passata sul veicolo con movimenti circolari, ma spostata lungo la carrozzeria.

Risciacquo e asciugatura

Per evitare che residui di polvere e terra influenzino il processo di lavaggio, è opportuno eliminarli preventivamente, sciacquando la superficie con dell’acqua.
 Si consiglia l’utilizzo di una canna da giardino e di una pressione molto bassa, permettendo all’acqua di scendere sull’automobile dall’alto verso il basso.

Questo limiterà anche la quantità di acqua necessaria. Al contrario di quanto si possa pensare, lasciare asciugare l’auto naturalmente dopo il lavaggio non è una pratica corretta, poiché favorisce la creazione di aloni piuttosto evidenti.

Invece, è consigliabile l’uso di un panno in camoscio, naturale o sintetico, o in spugna, il quale dovrà servire a tamponare e assorbire l’acqua in eccesso, piuttosto che essere passato su tutta la superficie. Anche impiegare un attrezzo per il lavaggio dei vetri può risultare utile al processo di asciugatura finale, rendendolo più rapido.

Guida alla creazione di un giardino in autentico stile giapponese

I giardini in stile giapponese sono creati per essere spazi dedicati alla meditazione e alla riflessione. Quella che è nata come una tradizione volta al ritrovamento della calma interiore si è tramutata, nel tempo, in un vero e proprio stile di vita.

I benefici di questa esportazione dal paese del Sol Levante sono evidenti, specialmente in un mondo stressante e in continuo movimento. 
Mentre le modalità e le possibilità di realizzazione sono molteplici e dipendono principalmente da chi se ne prende cura, la teoria dietro alla creazione di un giardino in stile giapponese è costante e coerente con il concetto di Zen.

Ogni giardino ha il suo significato

Secondo gli esperti, sono davvero poche (tra 100 e 200) le persone nel mondo che sono state in grado di ricreare un giardino giapponese nella sua forma più autentica.
 Per riuscire ad ottenere un risultato il più vicino possibile all’originale, occorre prima comprenderne le basi.

Esistono diversi tipi di giardino in stile giapponese. 
Il primo genere consiste nel giardino di sassi e pietre, il quale, molto spesso, include elementi tipici come la sabbia. Questo tipo non include l’elemento dell’acqua, ma si pone comunque l’obiettivo di rappresentare uno scenario di montagne e fiumi.
 La sabbia, rastrellata e disposta a comporre delle forme sinuose, rappresenta il movimento dei fiumi, mentre le rocce, collocate al di sopra, simbolizzano le montagne.

Un altro tipo di giardino che è possibile realizzare è il giardino di muschio. 
Tipico del clima umido e piovoso del Giappone, il muschio non necessita, tuttavia di piogge frequenti per prosperare. Questo lo rende adatto a tutti i climi e alla maggior parte delle località.
 I prati in muschio hanno l’obiettivo di rappresentare una sensazione di equilibrio e calma, volta a confortare mente e corpo.

La chiave è la semplicità

Mentre comporre e creare un giardino giapponese può sembrare un compito facile, è opportuno imparare a riconoscere quali elementi facciano effettivamente parte della tradizione e quali, invece, sono solo dei cliché o parti introdotte in seguito all’influenza di altri paesi e usanze.
 Per esempio, molte caratteristiche, come l’utilizzo di fiori rossi o la presenza di ponti in legno sopra un ruscello, sono derivate dalla tradizione cinese e, spesso, considerata erroneamente giapponese.

L’inclusione di fiori non è, tuttavia, fuori questione. In particolare, però, è necessario comprendere la loro funzione e il loro ruolo all’interno del giardino, così come quelli di ogni altro elemento presente.

Solitamente, un giardino giapponese preferisce l’uso dominante del colore verde e, solo in parte, di altri colori, che non devono comunque risultare troppo sgargianti. Inoltre, il concetto chiave di un giardino di questo tipo è la disposizione dei diversi elementi al suo interno.

Ogni dettaglio è simbolico e dotato di significato; l’interezza del paesaggio ha lo scopo di creare Zen, ovvero armonia ed equilibrio.
 Proprio per questo motivo, è consigliabile non mirare a grandezza e fastosità, ma concentrarsi sulla semplicità.

L’utilizzo di materiali naturali come il bambù e l’aggiunta di pietre per delineare il cammino sono scelte che, in questo senso, possono impreziosire il proprio giardino.
 Allo stesso modo, è opportuno valutare una più ristretta varietà di piante, in modo da rendere più essenziale l’ambiente e, di conseguenza, avvicinarsi allo Zen.